Parole di Vita n. 27

9/ 22 Ottobre 2023
Ventesima Domenica dopo Pentecoste – Terza Domenica di Luca

Santo Apostolo Giacomo di Alfeo
Santi Andronico e Anastasia
Il Giusto Progenitore Abramo, con suo nipote Lot

Tono terzo

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In questo numero:

Letture Liturgiche
Il figlio della vedova Dal Commento del Beato Teofilatto al Vangelo secondo Luca
«Abramo vide il mio giorno»
di Sant’Ambrogio

Si rallegrino le regioni celesti, esultino quelle terrestri, perché il Signore ha operato potenza con il suo braccio: con la morte ha calpestato la morte, è divenuto primogenito dai morti, dal ventre dell’ade ci ha strappati, e ha elargito al mondo la grande misericordia.
(Apolytikion del terzo tono)


LETTURE LITURGICHE

AL MATTUTINO
Evangelo aurorale nono (Giovanni 20, 19-31)

ALLA LITURGIA

Apostolo
Lettura dell’epistola di Paolo ai Gàlati (1, 11-19)

Fratelli, vi rendo noto che il vangelo da me annunziato non è secondo l’uomo: infatti non l’ho ricevuto da un uomo né sono stato ammaestrato se non per rivelazione di Gesù Cristo. Avete udito certamente della mia condotta d’un tempo nel giudaismo: perseguitavo oltre ogni limite la Chiesa di Dio e la devastavo. Superavo nel giudaismo molti coetanei del mio popolo, essendo ben più di loro zelante delle tradizioni dei miei padri. Quando poi piacque a Dio – che mi aveva separato fin dal ventre di mia madre e mi aveva chiamato con la sua grazia – di rivelare il Figlio suo in me, affinché lo annunciassi ai gentili, subito, senza chiedere consiglio alla carne o al sangue, senza salire a Gerusalemme da quelli che erano apostoli prima di me, partii per l’Arabia e poi tornai a Damasco. In seguito, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per vedere Cefa e mi trattenni presso di lui quindici giorni. Degli apostoli non vidi altro se non Giacomo, il fratello del Signore.

Evangelo
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7, 11-16)

In quel tempo Gesù andò in una città chiamata Naìm e andavano insieme a lui i suoi discepoli e molta folla. Come si avvicinò alla porta della città, ecco che veniva condotto un morto, figlio unigenito di sua madre, ed essa era vedova. C’era con lei molta gente della città e appena il Signore la vide, si commosse per lei e le disse: «Non piangere!» Si avvicinò, toccò la bara e i portatori si fermarono. Egli disse: «Ragazzo, dico a te: alzati!» Il morto si mise a sedere e cominciò a parlare, e lui lo diede a sua madre. Tutti furono presi dalla paura e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto in mezzo a noi e Dio ha visitato il suo popolo!»


Il figlio della vedova
Commento alla pericope evangelica della terza Domenica di Luca. (Lc 6, 31-36)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

7, 11-16. E avvenne il giorno dopo che egli andò in una città chiamata Naìm e andavano insieme a lui i suoi discepoli e molta folla. Come si avvicinò alla porta della città, ecco che veniva condotto un morto, figlio unigenito di sua madre, ed essa era vedova. C’era con lei molta gente della città e appena il Signore la vide, si commosse per lei e le disse: «Non piangere!» Si avvicinò, toccò la bara e i portatori si fermarono. Egli disse: «Ragazzo, dico a te: alzati!» Il morto si mise a sedere e cominciò a parlare, e lui lo diede a sua madre. Tutti furono presi dalla paura e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto in mezzo a noi e Dio ha visitato il suo popolo!»

Poiché il Signore, pur non essendo nemmeno presente, aveva guarito il servo del centurione, ora compie un altro miracolo ancora più straordinario. Lo fa in modo che nessuno possa dire: «Che cosa c’è di straordinario nella guarigione del servo del centurione? Forse il servo non sarebbe morto in ogni caso». Per questo ora il Signore risuscita il morto mentre veniva portato alla sepoltura. Non compie il miracolo solo con la sua parola, ma tocca anche la bara, insegnandoci che il suo stesso Corpo è vita. Poiché Dio stesso, il Verbo che dà vita a tutte le cose, si è fatto carne, anche la sua stessa carne è vivificante e annienta la morte e la corruzione. Il morto si mise a sedere e cominciò a parlare, affinché alcuni non pensassero che la sua resurrezione fosse solo un’apparizione. Sedersi e parlare sono prove inequivocabili della resurrezione dai morti: come può un corpo senza vita sedersi e parlare? Puoi anche intendere che per vedova si intende l’anima che ha sofferto la perdita del marito, il Verbo di Dio che semina il buon seme. Il figlio di tale vedova è la mente morta e viene portata fuori della città, cioè fuori della Gerusalemme celeste che è la terra dei vivi. Il Signore allora ha pietà e tocca la bara. La bara che trasporta la mente morta è il corpo. E infatti il corpo è come una tomba, come dicevano gli antichi greci, chiamando il corpo [soma] tumulo [sēma], che significa tomba. Dopo aver toccato il corpo, il Signore poi solleva la mente, restituendole giovinezza e vigore. E dopo che il giovane, cioè la mente, si sarà seduto, risuscitato dalla tomba del peccato, comincerà a parlare, cioè a insegnare agli altri. Mentre è nella morsa del peccato, non può parlare o insegnare: chi gli crederebbe?


«Abramo vide il mio giorno»
di Sant’Ambrogio, Vescovo di Milano

 

Consideriamo la ricompensa che Abramo chiede al Signore. Non chiede ricchezze, come un avaro, né una lunga vita, come qualcuno che teme la morte, né la potenza, ma chiede un degno erede del suo lavoro: “Che mi darai? Io me ne vado senza figli” (Gen 15,2)… Agar diede alla luce un figlio, Ismaele, ma Dio disse: “Non costui sarà il tuo erede, ma un altro nato da te sarà il tuo erede” (Gen 15,4). Non si tratta di Ismaele bensì di sant’Isacco… Nel figlio legittimo Isacco, possiamo vedere il vero figlio legittimo, il Signore Gesù Cristo che, all’inizio del vangelo secondo Matteo, è chiamato figlio di Abramo (Mt 1,1). Si è mostrato vero figlio di Abramo facendo risplendere la discendenza del suo antenato; grazie a lui, Abramo, guardando verso il cielo, ha potuto vedere la sua discendenza risplendere come le stelle (Gen 15,5). L’apostolo Paolo disse: “Ogni stella differisce dall’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti” (1 Cor 15,41). Facendo partecipare alla sua risurrezione gli uomini che la morte teneva a terra, Cristo li ha resi partecipi del regno del cielo. La filiazione di Abramo si è propagata unicamente mediante l’eredità della fede, che ci prepara al cielo, ci rende vicini agli angeli, ci eleva fino alle stelle. “Dio disse: tale sarà la tua discendenza! Ed egli credette al Signore” (Gen 15, 6). Credette che Cristo mediante l’incarnazione sarebbe stato il suo erede. Per fartelo sapere, il Signore disse: “Abramo vide il mio giorno e se ne rallegrò”. Dio l’ha ritenuto giusto perché non ha chiesto alcuna spiegazione, ma ha creduto senza la minima esitazione. È bene che la fede preceda le spiegazioni, altrimenti, sembreremmo trattare con il Signore nostro Dio come con un uomo. Che sconvenienza credere agli uomini quando testimoniano riguardo ad un altro uomo, e non credere a Dio quando parla di sé stesso! Imitiamo dunque Abramo per ereditare il mondo per mezzo della giustificazione mediante la fede, che gli ha fatto ereditare la terra.

[Su Abramo, I, 19-20]

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