Parole di Vita n. 37

18 / 31 Dicembre 2023
Trentesima Domenica dopo Pentecoste
Domenica avanti la Natività
Tono quinto

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In questo numero:

– Letture Liturgiche
– Avvicinandoci alla Natività di Cristo una omelia di San Giovanni di Kronstadt

Nella domenica precedente la Natività (che cade tra il 18 e il 24 dicembre), i Santi Padri hanno istituito la Commemorazione della Genealogia del nostro Salvatore Gesù Cristo, nella quale comprendiamo non solo i suoi antenati secondo la carne da Adamo a Giuseppe, promesso sposo della Tuttasanta Deipara, ma anche tutti i Giusti e i Profeti, che con le loro parole o con le opere annunciarono la venuta nella carne del Figlio di Dio. (dal Sinassario)
Come cristiani battezzati, noi stessi siamo per adozione figli del Padre e fratelli di Cristo, come dice l’Apostolo, e siamo quindi continuazione di questa stirpe spirituale. Possiamo essere resi degni!
Poiché gli ebrei non hanno tracciato genealogie in linea materna, le Scritture non ci danno la linea di sangue di Cristo secondo la carne, che ebbe luogo per mezzo di sua madre Maria; elenca invece gli antenati di Giuseppe promesso sposo, che prestò servizio secondo la Legge come sposo di Maria e padre di Gesù. Secondo i Padri la beata Vergine era figlia di Gioacchino, figlio di Bar-Pantera, figlio di Pantera, figlio di Levi, figlio di Natan, figlio del re Davide. Pertanto, come profetizzato, il Messia era della casa e della stirpe di Davide.

Grandi sono le opere della fede! Nella sorgente del fuoco, come presso acqua di sollievo, esultavano i tre santi fanciulli; e il profeta Daniele si mostrava pastore di leoni, come di pecore. Per le loro suppliche, o Cristo Dio, salva le anime nostre.
(Apolytikion della Domenica avanti la Natività)


Letture liturgiche

AL MATTUTINO

Evangelo aurorale ottavo (Giovanni 20, 11-18)

ALLA LITURGIA

Apostolo
Lettura dell’epistola di Paolo agli Ebrei (11, 9-10. 32-40)
Fratelli, per fede Abramo soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, e come Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa, abitò in tende. Aspettava infatti la città ben fondata, il cui architetto e costruttore è Dio. E che dirò ancora? E che dirò ancora? Mi mancherà il tempo per Gedeone, Baràk, Sansone, Iefte, e anche per Samuele e per i profeti. Per mezzo della fede hanno abbattuto regni, hanno operato la giustizia, hanno conseguito le promesse, hanno chiuso la bocca dei leoni, hanno spento la potenza del fuoco, sono sfuggiti al filo delle lame, sono stati rinvigoriti dalla malattia, sono diventati forti in guerra, hanno messo in fuga le schiere degli stranieri, le donne hanno ricevuto dopo la risurrezione i loro morti. Altri invece furono torturati, non accettando la liberazione onde ottenere una risurrezione migliore. Altri provarono scherni e flagelli, catene e prigione. Furono presi a sassate, furono segati, morirono assassinati a coltellate, vagarono coperti con pelli di pecore e capre, bisognosi, afflitti, maltrattati – di loro il mondo non era degno! – errando nei deserti e sui monti, nelle grotte e nelle fenditure della terra. Tutti questi, pur avendo ricevuto testimonianza per mezzo della fede, non hanno ottenuto la promessa avendo Dio previsto per noi qualcosa di meglio, affinché non giungessero alla perfezione senza di noi. Anche noi dunque, circondati da tale nube di testimoni, deposto tutto ciò che appesantisce e il peccato che ci irretisce, corriamo con pazienza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede.

Evangelo
secondo Matteo (1, 1-25)
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco; Isacco generò Giacobbe; Giacobbe generò Giuda, e i suoi fratelli.
Giuda generò Fares e Zara da Tamar; Fares generò Esrom; Esrom generò Aram. Aram generò Aminadab; Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon. Salmon generò Boaz da Rahab; Boaz generò Obed da Ruth; Obed generò Iesse; e Iesse generò il Re Davide. Il Re Davide generò Salomone da colei che era stata [moglie] di Uria. Salomone generò Roboamo; Roboamo generò Abìa; Abìa generò Asa. Asa generò Giosafat; Giosafat generò Ioram; Ioram generò Ozia. Ozia generò Ioatam; Ioatam generò Acaz; e Acaz generò Ezechìa. Ezechìa generò Manasse; Manasse generò Amon; Amon generò Giosia. Giosìa generò Ieconia, e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia. E dopo la deportazione di Babilonia Ieconia generò Salatiele; Salatiele generò Zorobabele. Zorobabele generò Abiud; Abiud generò Eliachim; Eliachim generò Azor. Azor generò Sadoc; Sadoc generò Achim; Achim generò Eliud. Eliud generò Eleazaro; Eleazaro generò Matan; Matan generò Giacobbe. Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, della quale nacque Gesù chiamato il Cristo.
Da Abramo dunque sino a Davide sono in tutto quattordici generazioni: da Davide sino alla deportazione in Babilonia quattordici generazioni: e dalla deportazione in Babilonia sino a Cristo quattordici generazioni.
La nascita di Gesù Cristo fu in questo modo. Essendo stata la madre di lui Maria sposata a Giuseppe, prima che stessero insieme si scoprì gravida di Spirito santo. Ora Giuseppe sposo di lei, essendo uomo giusto, e non volendo esporla all’infamia, prese consiglio di segretamente rimandarla. Ma, mentre egli stava in questo pensiero, un Angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria tua sposa: poiché ciò, che in essa è stato concepito, è dallo Spirito santo. Ella partorirà un figlio, cui tu porrai nome Gesù; poiché egli sarà, che libererà il suo popolo dai suoi peccati.
Tutto questo accadde, affinché si adempisse, quanto era stato detto dal Signore per mezzo del Profeta, che dice: Ecco che la Vergine concepirà: e partorirà un figlio, e lo chiameranno per nome Emanuele: che interpretato significa “Dio con noi”.
Risvegliatosi dunque Giuseppe dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore, e prese con sé la sua sposa. Ed egli non la conosceva, sino a quando partorì il suo figliuolo primogenito, e lo chiamò per nome Gesù.


Avvicinandoci alla Natività di Cristo

Omelia di San Giovanni di Kronstadt

Ci avviciniamo, diletti fratelli, alla festa salvifica della nascita nella carne del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Per alcuni giorni prima della festa, la santa Chiesa celebrerà questo meraviglioso mistero negli inni spirituali dei suoi Offici quotidiani. Questi inni ci ricordano del nostro diritto di nascita divino e lo sperpero della nostra filiazione a causa del peccato, così come anche ci ricordano della sua restaurazione attraverso il pentimento, della nostra comune parentela spirituale e dello spirito di amore e di cura gli uni per gli altri.
Per celebrare questa festa dell’infinito amore di Dio e della sua estrema condiscendenza, non in modo mondano, ma spirituale, consideriamo brevemente quanto segue: Perché Dio si è fatto uomo pur rimanendo Dio? E cosa richiede da noi l’incarnazione di Dio?
Poste queste due domande, risponderò alla prima con le parole dell’Arcangelo a Giuseppe, il promesso sposo della Santa Vergine: Dio si è fatto uomo per salvare il suo popolo dal peccato. (Mt 1, 21). Per questo viene chiamato Gesù, che significa Salvatore. E così è stato per la nostra salvezza che il Signore è venuto sulla terra e si è fatto uomo, per rigenerare in noi l’immagine di Dio caduta. Il Figlio di Dio si è fatto Figlio dell’Uomo per rendere figli di Dio noi che eravamo figli dell’ira e della dannazione eterna. Nelle parole del Santo Apostolo Giovanni il Teologo: “ ci ha fatti chiamare figli di Dio” (1 Gv 3,1); Ora Dio si è fatto uomo per fare di Adamo un dio. (Stichira per gli enkomia dell’Annunciazione).
O indicibile amore di Dio! O indicibile compassione del Signore! E Lui, il Santissimo, ha fatto questo: ha divinizzato l’umanitànei suoi eletti, li ha purificati da ogni male, sia dell’anima che del corpo, li ha santificati, glorificati, li ha condotti dalla corruzione alla vita eterna, li ha resi degni di stare beati davanti al trono terribile della Sua gloria. E ha divinizzato anche noi, fratelli e sorelle.
Ci ha dato una nuova nascita per l’acqua e il Santo Spirito, ci ha santificati, ci ha resi Suoi figli, ci ha dato la promessa della vita eterna e delle benedizioni eterne, superando ogni racconto e immaginazione. E a conferma, a garanzia delle benedizioni future, ha dato a noi, ancora qui sulla terra, il Santo Spirito perché abiti nei nostri cuori: Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida “Abbà, Padre” (Gal 4, 6), come scrive l’Apostolo.
E allora, fratelli miei, la festa della Natività di Cristo ci ricorda che siamo nati da Dio, che siamo figli di Dio, che siamo stati salvati dal peccato e che dobbiamo vivere per Dio e non per il peccato. Non per la carne e il sangue, non per tutto il mondo che giace nel male e nell’empietà (1 Gv 5, 19), non per la corruzione terrena. Dobbiamo vivere per un’eredità incorruttibile, incontaminata e che non marcisce, riservata per voi nei cieli (1 Pt 1, 4), e della quale il Signore stesso vi darà un segno: «ecco, una vergine concepirà, e partorirà un figlio e lo chiamerà Emmanuele» (Isaia 7, 14).
Voi che vi preparate ad incontrare la festa della Natività di Cristo, chiedetevi: avete conservato quella nascita spirituale da Dio, che ciascuno di noi ha ricevuto nel battesimo? Siete sempre attenti alla tua filiazione divina e al sacro tesoro dello Spirito che avete acquisito nel battesimo? Vi siete avvicinati a Dio attraverso la fede e l’amore, come Suoi amati figli?
Vi siete amati gli uni gli altri come si conviene ai figli di Dio? Avete disprezzato il peccato, che è orrido, malvagio e distruttivo? Avete amato la verità e ogni virtù? Avete amato la vita immortale ed eterna, preparata in una terra che non passerà e alla quale siamo chiamati da Colui che ora è venuto sulla nostra terra corrotta? Sono queste le domande che dobbiamo porci adesso e su cui decidere. Le nostre decisioni non possono essere prese solo con l’intelletto, ma soprattutto con il cuore e con le nostre stesse azioni.
In generale, non dovremmo permetterci di celebrare qualsiasi festa cristiana senza considerare seriamente una domanda: qual è il suo significato e qual è il suo scopo? Qual è la nostra responsabilità nei confronti di essa?
Dobbiamo conoscere il significato cristiano che sta dietro ogni festa. Allora la festa diverrà proficua per la salvezza della nostra anima. Altrimenti il nemico della nostra salvezza ci rapirà e trasformerà la festa di Dio in una festa della carne, dell’abuso, come tante volte accade.
Risolta la prima domanda, «perché Dio si è fatto uomo?», siamo giunti alla soluzione anche della seconda: «Che cosa esige da noi l’Incarnazione del Figlio di Dio?» Essa ci impone di ricordare e tenere in sacro onore il fatto che siamo nati da Dio, e se abbiamo contaminato e calpestato questo diritto di primogenitura con i nostri peccati, dobbiamo ripristinarlo lavandolo con lacrime di pentimento; dobbiamo restaurare e rinnovare dentro di noi l’immagine di Dio caduta e l’unione con Dio nella beatitudine, verità e santità che erano state distrutte.
L’incarnazione del Figlio di Dio richiede da noi soprattutto l’amore reciproco, l’umiltà, l’aiuto e il servirvi l’un l’altro. Infatti come non amarci gli uni gli altri quando vediamo l’amore che Dio ha verso di noi? Come non essere umili, vedendo tanta umiltà, tanta volontaria condiscendenza per amore nostro del Figlio di Dio? Come non aiutarci a vicenda in ogni modo possibile, quando il Figlio di Dio stesso è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20, 28).

Come i Magi, anche noi, fratelli, prepariamo i doni per il Re infante. Invece di oro, incenso e mirra, portiamogli i doni della fede, della speranza e dell’amore. Amen.

 

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