Parole di Vita n. 44

5 / 18 Febbraio 2024
XXXVII Domenica dopo pentecoste
Diciassettesima di Matteo
Domenica della Cananea
Santa Martire Agata

Versione pdf: 044 paroledivita

In questo numero:
– Letture Liturgiche
– La donna di Canaan Dal Commento al Vangelo di San Matteo dal Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ocrida e Bulgaria
– La Santa Partenomartire Agata


Apolytikion della Domenica
(tono quarto)

Appreso dall’angelo il radioso annuncio della risurrezione, e libere dalla sentenza data ai progenitori, le discepole del Signore dicevano fiere agli apostoli: È stata spogliata la morte, è risorto il Cristo Dio, per donare al mondo la grande misericordia.

Letture liturgiche

AL MATTUTINO

Evangelo aurorale quarto (Luca 24, 1-12)

ALLA LITURGIA

Apostolo
Lettura della seconda epistola di Paolo ai Corinti (6, 16 – 7, 1)

Fratelli, voi siete tempio del Dio vivente, come ha detto Dio: Abiterò e camminerò in mezzo a loro, e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e mettetevi in disparte, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente. Con tali promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio.

Evangelo
secondo Matteo (15, 21-28)

In quel tempo Gesù si ritirò dalle parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna cananea, di quelle zone, uscì e gridava: «Pietà di me, Signore, figlio di David! Mia figlia è duramente vessata da un demonio!» Ma egli non le rivolse parola. Si avvicinarono i suoi discepoli e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro!» Egli rispose e disse: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella venne a prostrarsi davanti a lui dicendo: «Signore, salvami!» Egli rispose e disse: «Non è bello prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei disse: «Sì, Signore; ma anche i cagnolini si nutrono delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni!» Allora Gesù rispose e le disse: «Donna, la tua fede è grande! Ti sia fatto come tu vuoi!» Da quel momento sua figlia fu risanata.


La donna di Canaan

Dal Commento al Vangelo di San Matteo dal Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ocrida e Bulgaria

Commento alla pericope evangelica della diciassettesima Domenica di Matteo. (Mt 22, 2-14)

21-23. Partito di là, Gesù si ritirò dalle parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna cananea, di quelle zone, uscì e gridava: «Pietà di me, Signore, figlio di David! Mia figlia è duramente vessata da un demonio!» Ma egli non le rivolse parola.
Perché non permise ai discepoli di passare per la via dei gentili? [Mt 10, 5], mentre lui stesso si recava a Tiro e Sidone, che erano città gentili? Sappiate dunque che Egli non andò lì a predicare, poiché, come dice Marco, si nascose [Mc. 7, 24]. Ma piuttosto, quando vide che i farisei non avevano accettato le sue parole riguardo al cibo, andò dai gentili. La donna disse: «Abbi pietà non di mia figlia, che è priva di sensi, ma di me che sto soffrendo e vivendo queste cose terribili.» E lei non disse: «Vieni e guarisci», ma abbi pietà. Non le rispose una parola, non per disprezzo, ma per dimostrare che era venuto innanzitutto per i Giudei, e per chiudere la bocca a quei Giudei che in seguito avrebbero potuto accusarlo in modo calunnioso di aver fatto del bene ai gentili. Egli si astenne dal rispondere anche per rivelare la fede perseverante della donna.

23-24. Si avvicinarono i suoi discepoli e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro!» Egli rispose e disse: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele».

I discepoli furono oppressi dal grido della donna e così pregarono Cristo di mandarla via. Lo fecero non per mancanza di compassione, ma piuttosto con il desiderio di persuadere il Signore ad avere pietà di lei. Ma Egli disse: «Io sono mandato soltanto ai Giudei, che sono pecore smarrite a causa della malvagità dei pastori ai quali sono stati affidati.» In questo modo Egli svela più pienamente la fede della donna.

25-27. Ma quella venne a prostrarsi davanti a lui dicendo: «Signore, salvami!» Egli rispose e disse: «Non è bello prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei disse: «Sì, Signore; ma anche i cagnolini si nutrono delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni!»

Quando la donna vede che i suoi avvocati, gli Apostoli, non avevano avuto successo, di nuovo si avvicina con fervore e invoca il Signore. Cristo parla di lei come di un cane, perché i gentili conducevano una vita impura e erano coinvolti nel sangue delle carni sacrificate agli idoli, mentre degli ebrei parla come di “figli”. Ma lei risponde saggiamente e anzi profondamente: «Anche se sono un cane e non sono degna di ricevere un pane, cioè un atto potente e un grande segno, concedimi tuttavia questo, che è poca cosa in confronto al tuo potenza, anche se per me è grande. Perché le briciole non sono grandi agli occhi di chi mangia il pane, ma sono grandi per i cani che se ne nutrono.»

28. Allora Gesù rispose e le disse: «Donna, la tua fede è grande! Ti sia fatto come tu vuoi!» Da quel momento sua figlia fu risanata.
Ora Gesù mostra il motivo per cui all’inizio aveva tardato a guarirla: affinché la fede e l’intelligenza della donna fossero manifestate, Cristo all’inizio non diede subito il suo assenso e anzi la scacciò. Ma ora che la sua fede le è stata rivelata, ella sente le parole di lode: «Grande è la tua fede». Dicendo: «Ti sia fatto come tu vuoi», Cristo dimostrò che se ella non avesse avuto fede non avrebbe ottenuto la sua richiesta. Così anche se desideriamo ottenere qualcosa, nulla ci impedisce di ottenere ciò che desideriamo. Si noti che anche se i santi dovessero chiedere per noi, come fecero gli Apostoli per la donna, tuttavia, otteniamo ancora di più quando chiediamo da noi stessi. La donna cananea è anche simbolo della Chiesa raccolta tra le genti. Infatti i gentili, che prima furono addirittura scacciati, poi furono elevati al rango di figli e furono ritenuti degni del Pane, ovvero del Corpo del Signore; mentre gli ebrei diventarono cani, credendo di essere nutriti dalle briciole, cioè dai dettagli minuti e insignificanti della lettera della legge. Tiro significa “assediato”, Sidone “coloro che cacciano” e Canaan “preparato dall’umiltà”. Perciò anche i gentili, che erano assediati dal male perché tra loro c’erano i demoni a caccia di anime, furono preparati con l’umiltà. Perché i giusti sono stati preparati per la vetta del regno di Dio.


La Santa Partenomartire Agata
(Memoria il 5 Febbraio)

Di nobili origini, Sant’Agata nacque a Catania intorno all’anno 230. Giovanissima, decise di consacrare la propria verginità a Dio, e ricevette dal vescovo di Catania il velo delle vergini.

Il proconsole di Catania, Quinziano, ebbe l’occasione di vederla e se ne invaghì, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, la accusò di vilipendio della religione di Stato e quindi ordinò che fosse catturata e condotta al Palazzo Pretorio. Agata si rifugiò per qualche tempo nei pressi della città, a Galermo. Venne comunque viene catturata e condotta da Quinziano. Il proconsole, quando la vide davanti a sé, venne conquistato ancor più dalla sua bellezza e una passione ardente s’impadronì di lui. Uomo vizioso, egli voleva inoltre impadronirsi dei beni della giovane.
In un primo momento, Quinziano la fece consegnare a una matrona di nome Afrodisia, che aveva nove figlie corrottissime, come era stata la loro madre, perché esse per trenta giorni la blandissero per mutarne i sentimenti. Così fecero infatti, Afrodisia e le figlie, prima promettendo gioie e piaceri, poi minacciando guai. Ad esse Sant’Agata rispondeva soltanto: «La mia mente è saldamente fondata in Cristo: le vostre parole sono venti, le vostre promesse piogge, le vostre minacce fiumi, che per quanto imperversino contro i fondamenti della mia casa, essa non potrà cadere, fondata com’è sopra pietra ben ferma». Passò quei giorni pregando e piangendo, e fu irremovibile.

«Le ho offerto gioielli, ornamenti rari, e ricche vestiti tessuti d’oro», disse Afrodisia al proconsole, «le ho promesso palazzi e ville. Ella invece tutto, tutto disprezza. Considera tutte queste cose come se fossero polvere. È più facile rammollire i sassi,piuttosto che distogliere l’animo di questa fanciulla dall’idea cristiana.»
Allora Quinziano, adirato comandò che fosse condotta al suo tribunale e sedendo d’ufficio, così le chiese: «Di che condizioni sei tu?»
«Sono nata libera, e di nobile famiglia, come attesta anche la mia parentela», rispose la vergine.
«E se attesti di esser libera e nobile perché mostri di vivere e vestire da schiava?», alludendo alla veste delle vergini consacrate.
Anche durante il processo, la giovane si mostrò forte e fiera, e Quinziano pensò di spaventarla ponendole una scelta: sacrificare agli dei o andare verso la propria condanna.
Per nulla spaventata, la vergine rispose: «Ti auguro, giacché hai tanta stima dei tuoi dei, che tua moglie abbia gli stessi costumi della tua dea Afrodite.»
Quinziano, udito ciò, comandò che fosse percossa e che la portassero via al carcere.

Il giorno dopo, l’empio Quinziano comandò che Sant’Agata fosse ricondotta alla sua presenza per un nuovo interrogatorio, e le propose di sacrificare agli idoli per aver salva la vita, ma la vergine rifiutò. Egli allora dispose che fosse torturata: la santa fu sospesa a un cavalletto, e il suo corpo straziato con uncini e pettini di ferro. E, mentre la tormentavano la giovane gridò: «Io in queste pene provo tanta gioia: come chi sente una buona notizia, o come chi vede colui che da gran tempo ha bramato, o come chi trova molti tesori, così anch’io, posta in queste sofferenze di poca durata, gioisco. Infatti non può il frumento esser conservato nel granaio, se prima il suo guscio non viene aspramente stritolato e ridotto in frantumi: così l’anima mia non può entrare nel paradiso del Signore con la palma del martirio, se prima non farai minutamente dai carnefici dilaniare il mio corpo.»
A queste parole, Quinziano, pieno d’ira e sdegno, comandò che fosse torturata ai seni e poi che le venissero strappati del tutto. Il proconsole ordinò quindi che fosse nuovamente condotta nel carcere e che nessun medico si permettesse di curarla, e che non le si desse nulla da bere o da mangiare.
Mentre ella era rinchiusa, in piena notte, sotto le sembianze di un vecchio, venne a guarirla il Santo Apostolo Pietro a guarirla.

Dopo quattro giorni, Quinziano diede ordine che fosse nuovamente presentata al suo tribunale, e la Santa, ancora una volta, rifiutò di sacrificare agli idoli. Egli allora comandò che fossero sparsi a terra acuti cocci, e sotto i cocci fossero messi carboni ardenti, e Agata vi fosse rivoltata a corpo nudo. Mentre l’ordine veniva eseguito, il luogo fu scosso da un terremoto e una parte del palazzo crollò. Anche tutta la città di Catania fu scossa dalla veemenza del terremoto. Perciò tutti corsero al tribunale del giudice e cominciarono a tumultuare grandemente, perché tormentava con empi strazi la santa di Dio, e per questo tutti si trovavano in grave pericolo. Quinziano cercò quindi di fuggire, impaurito per via del terremoto e della. Perciò comandò che Agata fosse nuovamente condotta in carcere, ed egli, dandosi alla fuga da una porta segreta, lasciò il popolo alle porte. 88. Sant’Agata entrata poi nuovamente nel carcere, allargò le sue braccia al Signore, pregando che le fosse concesso di vedere la gloria del Suo volto. Dette queste parole alla presenza di molti, rese lo spirito.
Avendo udito della morte della santa martire, la folla si precipitò e, portando via il suo corpo, lo ripose in un sepolcro nuovo. Avvenne poi che, mentre il suo corpo veniva unto con aromi e seppellito con molta cura, si avvicinò un giovane vestito di bianco, seguito da più di cento fanciulli. Egli entrò nel luogo dove si componeva il corpo di Agata e le pose vicino al capo una tavoletta di marmo, nella quale c’è scritto: MENTE SANTA, SPONTANEO ONORE A DIO E LIBERAZIONE DELLA PATRIA. Chiuso poi il sepolcro, disparve. Il giovane era, secondo la tradizione, il suo Angelo. Coloro che avevano visto questa scrittura, parlandone resero premurosi e ferventi tutti i siciliani: tanto che sia i giudei, sia i gentili concordi ed insieme con i cristiani cominciarono a venerare il suo sepolcro.

Quinziano, allora, prese con furia la strada per andare ad investigare i poderi di lei, ed arrestare tutti quelli della sua parentela: ma per giudizio di Dio perì nel mezzo del fiume. Due cavalli infatti, mentre attraversava il fiume con una barca, impennandosi e ricalcitrando, lo scaraventò nel fiume Simeto, e non si trovò più il suo corpo.

Un anno dopo questi fatti, vi fu una grande eruzione del Monte Etna, e un fiume ardente di lava, investendo pietre e terra, veniva alla città di Catania. Allora una moltitudine di abitanti dei villaggi, fuggendo scese dal monte, vennero al sepolcro della Martire, e, preso il velo che lo copriva , lo opposero contro il fuoco che scendeva verso di loro. In quel momento, il fiume di lava si fermò. Era il 5 di Febbraio. Il Signore Nostro Gesù Cristo comprovò così di averli liberati dal pericolo della morte e dal fuoco per le preghiere di Sant’Agata, che è da allora venerata fervidamente, come protettrice della città di Catania.

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