14 / 27 Aprile 2025
Seconda Domenica di Pasqua (di Tommaso)
San Martino il Confessore, Papa di Roma
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IN QUESTO NUMERO:
– Letture liturgiche
– L’incredulo Tommaso (dal Commento al Vangelo di San Giovanni dal Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ocrida e Bulgaria)
Apolytikion di questa Domenica
(tono settimo)
Col sepolcro sigillato, o vita, sei sorto dalla tomba, o Cristo Dio, e a porte chiuse ti sei presentato ai discepoli, o risurrezione di tutti, per rinnovare in noi, grazie a loro, uno spirito retto, secondo la tua grande misericordia.
Letture liturgiche
AL MATTUTINO
Evangelo aurorale primo (Mt 28, 16,20)
ALLA LITURGIA
Apostolos
Lettura dagli Atti degli apostoli (Atti 5, 12-20)
In quei giorni per mano degli apostoli avvenivano molti segni e prodigi in mezzo al popolo. Tutti stavano insieme uniti e concordi nel portico di Salomone. Nessuno degli altri osava unirsi a loro, ma il popolo li magnificava. Sempre più si aggiungevano credenti nel Signore: una moltitudine di uomini e di donne, tanto che i malati venivano portati nelle piazze e posti su lettini e barelle perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra ombreggiasse qualcuno di loro; ciascuno infatti veniva liberato da ogni malattia che avesse. La folla veniva insieme anche dalle città vicino a Gerusalemme, portando malati e tormentati da spiriti impuri, e tutti venivano sanati. Si alzò allora il sommo sacerdote e con lui tutti quelli della setta dei sadducei, pieni di gelosia; misero le mani addosso agli apostoli e li chiusero nel carcere pubblico. Ma un angelo del Signore di notte aprì le porte della prigione e li condusse fuori dicendo: «Andate, state nel tempio, e dite al popolo tutte le parole di questa vita.»
Evangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-31)
La sera di quello stesso giorno, il primo giorno della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!» Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli si rallegrarono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha inviato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi abbiate rimesso i peccati, sono stati rimessi; e a chi li riteniate, sono stati ritenuti.» Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!» Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non crederò.» Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo dentro insieme a Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!» Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente.» Rispose Tommaso e gli disse: «Mio Signore e mio Dio!» Gesù gli disse: «Perché mi hai visto hai creduto? Beati quelli che non hanno visto ma hanno creduto.» Molti altri segni fece Gesù davanti ai suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. Questi sono scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo abbiate la vita nel suo nome.
L’incredulo Tommaso
Dal Commento al Vangelo di San Giovanni
dal Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ocrida e Bulgaria
Commento alla pericope evangelica della seconda domenica di Pasqua. (Giovanni 20, 19-31)
19–23. La sera di quello stesso giorno, il primo giorno della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!» Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli si rallegrarono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha inviato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi abbiate rimesso i peccati, sono stati rimessi; e a chi li riteniate, sono stati ritenuti.»
Quando Maria Maddalena portò la notizia ai discepoli, è probabile che abbiano reagito in uno di questi due modi: o non le credettero, o, se le credettero, si scoraggiarono perché non erano stati ritenuti degni di vedere Cristo. Nel frattempo, la paura degli ebrei accresceva nei discepoli il desiderio di vedere l’Unico che potesse alleviare la loro ansia. E così il Signore apparve loro quella sera stessa, quando erano tutti riuniti. È scritto che apparve a porte chiuse, ovvero entrò attraverso le porte serrate. Questo per indicare che era risorto nello stesso modo, mentre l’ingresso del sepolcro era chiuso con una pietra. Si potrebbe pensare che lo avessero scambiato per un fantasma, ma la testimonianza di Maria Maddalena aveva notevolmente rafforzato la loro fede. Inoltre, si manifestò in modo tale da placare i loro pensieri tumultuosi: “Pace a voi”, disse dolcemente, intendendo dire: “Non abbiate paura”. Questo per ricordare loro ciò che aveva detto prima della crocifissione: “Vi do la mia pace” (Gv 14,27). Allora i discepoli si rallegrarono quando videro il Signore. Anche questo Egli aveva predetto prima della Sua morte: “Vi rivedrò e il vostro cuore si rallegrerà” (Gv 16,22). Fu bene che dicesse loro di nuovo: “Pace”, perché i discepoli erano ora impegnati in una lotta disperata con i giudei. Come aveva detto “Rallegratevi!” alle donne (Mt 28,9), perché erano afflitte dal dolore, così Egli concede la pace ai discepoli, che ora erano, e sarebbero sempre stati, in guerra con i giudei.
È giusto che Egli conceda gioia alle donne, condannate a partorire nel dolore e nella sofferenza; e pace agli uomini, a causa della guerra che li avrebbe travolti per predicare il Vangelo. Allo stesso tempo, Egli rivela che la croce ha portato la pace: “La croce ha portato la pace: ora vi mando ad annunciarla”. Per rafforzare e infondere coraggio nei discepoli, Egli dichiara: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Avete intrapreso la mia opera, fatela con coraggio: io sarò con voi. Ecco l’autorità del suo comando: “Sono io che vi mando”. Non si abbassa più ai limiti della loro comprensione, dicendo come spesso faceva prima della risurrezione: “Pregherò il Padre mio ed egli vi manderà”” Ora soffia su di loro e dona loro lo Spirito Santo, ma non la totalità del dono che avrebbe elargito a Pentecoste. Ricevete lo Spirito Santo, significa: “Lasciate che questo dono parziale di grazia vi prepari a ricevere in seguito la pienezza dello Spirito Santo”. Le parole “A chi avrete rimesso i peccati, saranno rimessi”, indicano il dono particolare che Egli concede ora ai discepoli: il potere di rimettere i peccati. Più tardi, a Pentecoste, lo Spirito Santo stesso sarebbe disceso in tutta la sua potenza, riversando sugli apostoli ogni dono spirituale e potere per compiere opere meravigliose, come la resurrezione dei morti.
Vale la pena considerare perché Giovanni riporta solo che Cristo apparve ai suoi discepoli a Gerusalemme, mentre Matteo e Marco affermano che promise di apparire loro in Galilea (cfr. Mt 26, 32; Mc 14, 28). Alcuni lo hanno spiegato in questo modo: “Cristo non ha mai detto che sarebbe apparso ai discepoli solo in Galilea, e non a Gerusalemme. A Gerusalemme apparve ai dodici, mentre in Galilea apparve a tutti i suoi discepoli, secondo la sua promessa. Il fatto che si sia mostrato più volte ai dodici indica che li onorava più degli altri”. Da ciò constatiamo ancora una volta che non vi sono disaccordi inconciliabili tra i resoconti degli Evangelisti. Ci furono molte apparizioni del Signore dopo la Sua risurrezione, e ogni Evangelista ne scelse alcune da raccontare. Quando due Evangelisti descrivono lo stesso evento, il secondo di solito racconta ciò che il primo ha omesso. E ora, lettore, rifletti sul rango divino del sacerdozio. Il potere di perdonare i peccati è un potere divino; quindi, dobbiamo onorare i sacerdoti come se fossero Dio. Anche se indegni, sono pur sempre ministri dei doni divini, e la grazia conferisce loro potenza proprio come diede potenza all’asina di Balaam, permettendole di parlare (cfr. Numeri 22, 28-30). La fragilità umana non ostacola l’opera della grazia. Pertanto, poiché la grazia è conferita attraverso i sacerdoti, onoriamoli.
24–29. Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!» Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non crederò.» Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo dentro insieme a Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!» Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente.» Rispose Tommaso e gli disse: «Mio Signore e mio Dio!» Gesù gli disse: «Perché mi hai visto hai creduto? Beati quelli che non hanno visto ma hanno creduto.»
Tommaso… non era con i discepoli, forse perché non era ancora tornato da dove si era nascosto dopo che i discepoli si erano dispersi. Altrove, abbiamo appreso che il nome ebraico “Cefa” significa “Roccia”; qui ci viene detto che “Tommaso” significa “Gemello” (Didimos). L’Evangelista fornisce il significato del nome qui per indicare che Tommaso era incline ad essere indeciso – un dubbioso per natura. Dubitava delle notizie portategli dagli altri, non perché li considerasse bugiardi, ma perché riteneva impossibile che un uomo risorgesse dai morti. E il suo dubbio lo rendeva eccessivamente indagatorio. La credulità è segno di superficialità; ma l’ostinata resistenza alla verità è un segno sicuro dell’essere di mente ottusa. Tommaso non si fidava nemmeno dei suoi occhi, ma esigeva la prova del tatto, il meno sensibile dei sensi: “Se non… non metto la mia mano nel Suo costato”. Come faceva Tommaso a sapere che c’erano delle ferite nelle mani e nel costato di Cristo? Perché glielo avevano detto gli altri discepoli. E perché il Signore aspetta otto giorni prima di apparirgli? Per dare il tempo a ciascuno dei suoi condiscepoli di raccontargli ciò di cui erano stati testimoni. Ascoltare la stessa storia da ciascuno individualmente lo rese più disposto a credere e accrebbe il suo desiderio di vedere il Signore. Per dimostrare che Egli era invisibilmente presente otto giorni prima, quando Tommaso aveva espresso incredulità, il Signore non aspetta che Tommaso parli. Invece, propone subito esattamente ciò che Tommaso desiderava, citando le sue stesse parole.
Prima rimprovera Tommaso, dicendo: “Porgi qui la tua mano”; poi lo ammonisce: “E non essere incredulo, ma credente”. Da ciò è chiaro che il dubbio di Tommaso era causato da mancanza di fede, e non perché fosse attento a verificare i fatti (come alcuni dicono, volendo metterlo in migliore luce). Ma non appena Tommaso toccò il costato del Signore, si rivelò un teologo superbo, proclamando le due nature e l’unica ipostasi dell’unico Cristo. Tommaso si riferisce alla natura umana di Cristo, chiamandolo Signore; poiché il termine “Signore” si applica non solo a Dio, ma anche agli uomini. (Pensando che Gesù fosse il giardiniere, Maria Maddalena gli aveva detto: “Signore, se l’hai portato via di qui…” (v. 15). Ma quando Tommaso esclama: “…e Dio mio!” egli confessa l’essenza divina di Cristo e afferma che i nomi Signore e Dio si riferiscono alla stessa Persona. Dichiarando beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto, il Signore ci insegna che la fede significa accettare cose non viste. Si riferisce, in primo luogo, ai discepoli che credettero senza toccare il Suo costato o il segno dei chiodi, e in secondo luogo a coloro che avrebbero creduto in seguito (senza alcuna conferma fisica). Non sta privando Tommaso della sua parte di beatitudine, ma incoraggia tutti coloro che non hanno visto. C’era un detto comune: “Beati gli occhi che hanno visto il Signore”. Cristo, tuttavia, loda coloro che crederanno senza vedere, dichiarandoli veramente beati.
Sorge una domanda: come può un corpo incorruttibile mostrare il segno dei chiodi ed essere toccato da mani umane? La risposta è che tali cose sono possibili come parte dell’economia divina: sono manifestazioni della condiscendenza e dell’amore di Dio per l’uomo. Entrando nella stanza a porte chiuse, Cristo rende assolutamente chiaro che dopo la risurrezione il Suo corpo è cambiato: ora è leggero e sottile, libero da ogni grossolanità materiale. Ma per confermare che è davvero il loro Signore e Maestro ad essere apparso loro, Egli permette che il Suo corpo risorto, che porta le ferite della crocifissione, venga toccato. Per lo stesso motivo, quando camminò sulle acque prima della Passione (cfr Mc 6,48), il Suo corpo non era mutato da quando camminava sulla terraferma, e questo rassicurò i discepoli. Ma sebbene permetta che il Suo corpo risorto venga toccato, esso è ora impassibile e incorruttibile. Quando Cristo mangia ora con i discepoli, non è più per soddisfare alcuna esigenza fisica del Suo corpo (perché non ce n’erano). Il cibo una volta mangiato viene alterato nello stomaco e passa nello scarico (vedi Mt 15, 17). Ma non fu così per Cristo dopo la risurrezione. Il cibo che mangiò durante quel periodo fu consumato da un potere divino invisibile. Il Suo unico scopo nel mangiare era confermare la realtà della Sua risurrezione, e permise che il Suo corpo incorruttibile portasse il segno dei chiodi e fosse toccato, per lo stesso motivo. Vedi, o lettore, come, per salvare un’anima dubbiosa, il Signore non risparmiò la Sua dignità, ma si degnò di mostrare il Suo costato? Né dovremmo disprezzare nemmeno il più piccolo dei nostri fratelli.
30–31. Molti altri segni fece Gesù davanti ai suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. Questi sono scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo abbiate la vita nel suo nome.
A quali altri segni si riferisce l’evangelista? A quelli che Gesù fece dopo la risurrezione, e non a quelli prima della Sua crocifissione, come si potrebbe supporre. L’evangelista parla dei segni che Gesù compì solo in presenza dei Suoi discepoli. I miracoli prima della Passione furono compiuti alla presenza della folla e rivelarono Gesù a tutti come il Figlio di Dio. I miracoli dopo la risurrezione furono compiuti mentre Egli era solo con i discepoli durante i quaranta giorni: il loro scopo era convincerli che era proprio il Figlio dell’uomo, con un corpo umano, sebbene ora incorruttibile, più simile a Dio e non più soggetto alle leggi della carne. Dei molti miracoli dopo la risurrezione, solo questi sono scritti. Non sono descritti ostentatamente, per vantare la gloria dell’Unigenito, ma semplicemente, come dice l’evangelista, affinché crediate. Qual è dunque il profitto qui, e a chi ne deriva? Certamente non a Cristo, perché cosa guadagna Lui dalla nostra fede? Siamo noi a guadagnarci. L’evangelista stesso ci dice di aver scritto “affinché, credendo, abbiate la vita” nel nome di Gesù. Quando crediamo che Gesù è risorto dai morti e vive, ci guadagniamo la vita eterna. Egli è risorto ed è vivo per noi. Ma chi immagina che Cristo sia morto e non sia risorto dalla tomba non ha vita in sé. Anzi, pensando questo, conferma e assicura la propria morte eterna e la propria corruzione.